Ieri ,25 Aprile 2015 ,come tutti sanno era il giorno dell’Anniversario della liberazione d’Italia giustamente conosciuto anche con il nome di Anniversario della Resistenza a testimoniare l’importanza storica che ha avuto nella storia italiana la resistenza partigiana e la lotta da loro sostenuta contro il governo fascista e l’occupazione nazista della penisola durante la seconda guerra mondiale dal 1943 al 1945 con la vittoria sancita appunto il 25 Aprile.
Ovviamente innumerevoli sono le iniziative e manifestazioni che in questo giorno hanno luogo in tutta la nazione a ricordo di quel momento magico della fine della guerra con la priorità assoluta del dovere della salvaguardia della memoria storica dalla caduta nell’oblio. In un periodo difficile quale quello che stiamo vivendo, legato alla recessione con tutte le incertezze economiche e politiche che comporta e soprattutto con la deriva ideologica che la caratterizza, si è centuplicato il rischio di un drastico calo di attenzione su temi che, di primo acchito, possono sembrarci di secondaria importanza rispetto ad altri più impellenti come quelli lavoro,dell’occupazione, della globalizzazione ect ect.. Sarebbe un errore tragico, dalle conseguenze inquietanti quali una progressiva disumanizzazione ed inasprimento della conflittualità sociale.
La giornata del 25 Aprile assume quindi nel contesto una valenza simbolica enorme che, al di là della festa della liberazione, diventa testimonianza imprescindibile di affermazione, celebrazione, riconoscenza per la vittoria di quei valori fondanti di tutte le società veramente democratiche contro la barbarie del dispotismo. Questa è la vera scommessa vinta il 25 Aprile del 1945, la vittoria del diritto alla propria libertà e dignità contro chi ne pretendeva la negazione. L’importanza del ricordo per noi figli di quei partigiani collegato alla necessità e al contempo esigenza civile di ricordare alle nuove generazioni che la loro libertà, la possibilità di andare a scuola, il computer come il cellulare e tutto il resto gli sono state regalate dal sacrificio, eroismo ed abnegazione di coloro che li hanno preceduti e che hanno lottato, anche fino alla morte, per la loro sopravvivenza.
Questa è stata la resistenza partigiana, questo è il 25 Aprile. E non mi si venga a dire come purtroppo succede quasi sempre in questi casi che c’è in queste affermazioni qualcosa di politico, qui la politica non c’entra niente, i valori di libertà, giustizia e solidarietà ed etica sociale sono universali, non hanno nessun colore particolare e sono comuni a tutta l’umanità, hanno avuto ed hanno illustri sostenitori e portatori appartenenti indistintamente a tutti i gruppi politici
Tra le tante manifestazioni che si svolgono in tutta Italia per festeggiare questo momento e soprattutto per ricordarsi appunto dell’estremo sacrificio dei moltissimi martiri che ne hanno permesso la realizzazione, una si svolge a pochi chilometri da dove è situata la mia casa organizzata dall’Associazione Memoria Viva-Comitato da Liberati a Liberi”di cui già solo il nome riflette chiaramente gli scopi di base. Si tratta della camminata commemorativa dei sentieri dei partigiani che, con un percorso stradale ma anche ideologico, collega il cippo del santuario dei Caffi con quello del Falchetto, con un tragitto a piedi di poco più di 6 km, arricchito da letture e canzoni in tema. E’ una camminata tradizionale che insieme a mio figlio e spesso ad altri amici faccio da diversi anni, quest’anno per motivi d’impegni eravamo solo mio figlio Davide ed io.
In tutta sincerità, siamo rimasti abbastanza delusi dalla decisione presa dall’associazione e dalla maggioranza dei partecipanti, preoccupati dalle precarie condizioni atmosferiche di compiere il percorso in auto, limitando la camminata al breve tratto che dal monumento del Falchetto conduce a cippo dove è avvenuta la strage dei cinque partigiani. Infatti il luogo dove è stato eretto il piccolo monumento in commemorazione dei 5 partigiani trucidati dalla “Banda Poggi” delle milizie repubblicane di Asti, all’alba del 15 giugno 1944, si trova su un bivio che, se pur collocato su piccole stradine secondarie, è un punto di passaggio abbastanza vivo in quanto collega fra di loro Loazzolo, Santo Stefano Belbo, Vesime, Cessole e Cassinasco(itinerario ciclo-amatoriale molto conosciuto) mentre il punto preciso dell’eccidio si trova immerso nei boschi, poco lontano dalla chiesetta di Santa Libera per cui sarebbe rimasto del tutto invisibile ai passanti. A proposito spero che qualcuno dell’amministrazione comunale di Santo Stefano abbia modo di leggere questo mio piccolo articolo per cui mi permetto di sottolineare che segno della deriva generale del periodo la mancanza sul cippo, quello nel bosco, della targhetta di identificazione dei caduti, siccome sembra confermato che sia stata prelevata per risistemarla in quanto arrugginita, sarebbe stato meglio assicurarsi la sua risistemazione almeno per il 25 Aprile; va beh, chiusa parentesi
La distanza dal monumento al cippo vero e proprio sarà all’incirca di un paio di chilometri quindi un tratto moto breve, Davide ed io, non per protesta o polemica ma per un nostro intrinseco desiderio di rispetto delle tradizioni l’abbiamo fatta comunque tutta a piedi tallonati, poco più indietro, da altri tre partecipanti. La nostra piccola delusione rimane legata a poche considerazioni: la prima legata al fatto che, con un minimo di esperienza e conoscenza naturale delle condizioni atmosferiche, era facile intuire che, se pur molto nuvoloso, non c’era immediata minaccia di pioggia, e poi non mi pare che, munirsi di un ombrellino od una giacca impermeabile, fosse un gran impegno; la seconda legata come si è già detto al fatto che queste tradizioni richiedono per loro stessa essenza una certa costanza ed un minimo senso di sacrificio anche nel pallido ricordo degli immani sacrifici fatti su questi sentieri, in condizioni tremende, dai nostri partigiani. Collegata alla seconda, la terza cioè che la camminata creava quel senso di comunanza ed appunto ,anche se vaga, immedesimazione e suggestione che crea lo stare insieme pensando a quello che si sta facendo, suggestione che un rapido spostamento in auto ha cancellato a priori.
Detto questo, lungi da me l’idea di criticare Memoria Viva ,un associazione a cui non si può certo negare l’impegno,la volontà e la presenza costante nel territorio per appunto la tutela e la tramandazione di quei valori fondanti di cui si è parlato. Inoltre c’è stato il risvolto positivo per noi di visitare per la prima volta il cippo vero e proprio del luogo dove è avvenuta quella che si può senza mezzi termini definire una “mattanza”. I 5 ragazzi partigiani(Albione Bruno del 1922-Robino Luciano del 1924-Torre Ernesto del 1922-Vizzo Carlo del 1922 ed un ignoto) sorpresi mentre stavano consumando una frugale colazione non fecero nemmeno in tempo ad impugnare le armi prima che una raffica di mitragliatrice li falciasse.
Non si può non soffermarsi sulla tragicità del destino di questi ragazzi, da pochissimo tempo aggregatisi alla squadra garibaldina del comandante Rocca. Per prima cosa la vicinanza con la fine della guerra,bastava sopravvivere ancora qualche mese, poi l’estrema brevità della loro esperienza partigiana, due di loro accompagnati, su sentieri e boschi impervi solo la sera prima sul luogo da quella Nicoletta(Nicoletta Soave Liberati) che ha poi scritto il libro “I ragazzi del Falchetto”.Uno di loro,Bruno,arrivato da Torino con la madre che lo aveva salutato proprio nel cortile di casa sua con un abbraccio nascondendo le lacrime il giorno prima dell’eccidio. L’accanimento dei repubblicani che caricano alla rinfusa i cadaveri su un carro,li portano a Canelli, buttandoli malamente sulla piazza,addirittura un capitano ordina di passarci sopra con i carri(operazione bloccata dalla indignata presa di posizione della popolazione presente)
Chissà, forse come monito,forse per dare un esempio,forse solamente perché privi di ogni minimo sentimento di umanità,forse per motivazioni private a noi sconosciute, forse per il degrado di civiltà e l’immoralità che sottendono ogni guerra. Perchè non bisogna mai dimenticare che l’uomo porta insita in sé la libertà di scelta tra il bene ed il male che lo può spingere a stupendi gesti di generosità , nobile altruismo e sacrificio civile come al più basso e vile dei delitti contro l’umanità.
Bene, il 25 Aprile è il simbolo per eccellenza dell’affermazione della prima scelta sulla seconda.