Nella prima parte di questo articolo abbiamo parlato di quali generalmente sono le motivazioni che spingono un individuo ad appassionarsi per un certo sport, abbiamo visto come, per alcuni, queste passioni siano brevi “cotte” che si spengono con la stessa facilità con cui sono nate. Abbiamo anche visto come altre non siano in realtà vere passioni ma iniziative con motivazioni secondarie spesso non del tutto coscienti.
Abbiamo poi preso in considerazioni le passioni “vere” che ci coinvolgono emotivamente e che diventano parte importante della nostra vita, e abbiamo visto che fondamentalmente possono essere di due tipi, quelle che nascono a qualsiasi età, anche improvvisamente per motivi puramente casuali o accidentali e quelle che invece hanno radici nella nostra infanzia e che lasciano un segno indelebile nella nostra memoria, magari appunto silente ed inconscio per molti anni ma comunque sempre pronto a riesplodere all’improvviso.
Come già anticipato, io ho avuto l’immensa fortuna di poter praticare da bambino e adolescente diverse attività sportive e di come ogni volta che per qualche ragione inaspettata mi ritrovo nel loro ambiente riemerga prepotente la voglia di praticarle, si tratti di ping- pong, di biliardo, di pallone elastico (el balon a pugn), o di calcio. Ho poi accennato a come invece sia più difficile valutare, catalogare e capire la mia attuale passione per il ciclismo amatoriale nelle sue diverse tipologie.
Qui per l’appunto l’interpretazione si fa più difficile e confusa per il fatto che sì che, da bambino, io andavo in bicicletta e anche parecchio, però più che una scelta si trattava di una necessità, non c’erano altri mezzi di locomozione per cui era gioco forza prendere la bici per andare dagli amici o per castagne e funghi e per qualsiasi altro motivo, per cui non avevo neanche mai pensato che quella potesse essere una passione, e ancora meno che per rendermene conto dovevo rimontare sulla sella dopo circa 30 anni di quasi completo distacco.
A dire il vero un certo quale segnale, una specie di sintomo si era presentato già molto prima, intorno ai 22/23 anni, quando mi sono lasciato convincere da un amico ad acquistare una bici da corsa, una Bianchi di colore bordeaux, con cambio Campagnolo, appunto per andare in bici nel tempo libero.
Il primo naturale e scontato entusiasmo iniziale ci ha spinto a frenetiche uscite, strappate a denti stretti agli impegni, spesso anche al di sopra delle nostre effettive possibilità in quanto fatte con pochissimo allenamento e pochi chilometri nelle gambe
Però quello era, con i figli che crescevano e con loro la mole di lavoro e di impegni in seno alla famiglia un periodo duro. La difficoltà della gestione dei reciproci spazi di tempo libero, uno sport già faticoso di per sè che la mancanza di almeno un grossolano allenamento rendeva improbabile, ed altri concatenazioni ci hanno in breve tempo tolto ogni velleità agonistica.
Ci siamo progressivamente arresi sino ad arrivare ad appendere la bicicletta al fatidico chiodo dove è rimasta appesa per circa 25 anni
Nella borgata dove sono nato e dove è situata la nostra casa, a poche decine di metri, si trovano anche le abitazioni di due miei cugini (fratello e sorella) e dei loro figli Marco e Riccardo rispettivamente di un anno il primo e di due il secondo più grandi di mio figlio Davide, ovvio che, avendola loro, anche Davide abbia voluto una bicicletta.
Gli avevamo così comprato una BMX; forse una passione cromosomica o la condizione oggettiva di essere il più giovane unito ad un innato senso competitivo lo avevano spinto a macinare chilometri nel disperato tentativo di seguirli nelle loro scorribande e di non rimanere da solo a casa.
Ancora oggi mia moglie ed io ci chiediamo come abbiamo fatto a superare le nostre ovvie paure per concedergli quelle comunque rischiose libertà, Davide per la sua tenera età era abbastanza coscienzioso e dava ascolto ai nostri consigli ma i rischi rimanevano comunque alti e di momenti di ansia ne abbiamo passati tanti.
A 10 anni poi c’è stato il “cambio di qualità”, gli zii gli hanno regalato una MTB e da quel momento in compagnia o da solo non c’è più stato giorno senza che ci salisse sopra, le colline del nostro circondario non hanno più avuto segreti per lui.
Bene, quella domenica pomeriggio, mi pare fosse verso fine Giugno non ho più saputo dire di no alla sua ennesima, accorata richiesta:“D’accordo, dammi il tempo di dare un occhiata alla bici e se non ci sono problemi andiamo- anzi, vieni con me, così mi dai una mano- visto, cosa ti dicevo? questo tubolare è inutilizzabile” ” Allora vuol dire che non vieni??”
Ricordo ancora oggi la delusione nei suoi occhi. “Ma no, devo averne un paio di nuovi, di scorta, se mi aiuti proviamo a cambiarlo, tanto andiamo piano e non sto nemmeno li ad incollarlo” Mi stupisco di come a volte possiamo essere così insensibili da non renderci conto di come basti poco a far felice, letteralmente felice un ragazzino. “O.k. fatto però sono 25 anni che non salgo su una bici, andiamo pianino e solo fino a Vesime e poi torniamo indietro”
Dunque, tutti coloro che vanno poco o tanto in bici sanno perfettamente cosa significhi pedalare dopo 25 anni di completa inattività sportiva, spiegarlo alle persone che non hanno mai pedalato su una bici è molto più difficile.
Per essere sintetico e chiaro posso dire che affrontare la minima salita (una cinquantina di metri al 7/8% ad esempio) è come se voi doveste fare una passeggiata con l’obbligo di trascinarvi dietro una pietra di un certo peso; se a questo aggiungete che siete insieme ad un bambino desideroso di mostrare al padre quant’è bravo avete un idea approssimativa di me quel giorno in bici con mio figlio. Lui a quei tempi, oltre che molto allenato aveva anche un certo talento naturale
Per di più andando in bici con i due cugini più grandi e un pò per paura e soprattutto per rispettare le nostre raccomandazioni di fare attenzione restava indietro nelle discese così si era abituato a recuperare nelle salite
Per fortuna che, nel tratto Bubbio- Vesime ,anche passando dalla solita stradina secondaria di salite ce ne sono davvero poche.”Bè sai cosa ti dico, credevo peggio, mi sto divertendo un mondo e non faccio nemmeno troppa fatica“. Sicuro anch’io ho il mio orgoglio, mica potevo dirgli che ero già scoppiato e poi si trattava solo di una piccola bugia
Comunque in tutta sincerità, a parte il mal di gambe ad ogni minima salita, la fontana di sudore (primo pomeriggio fine giugno) la frequenza cardiaca che so (non avevo il cardiofrequenzimetro) a 150/160 battiti, mi stavo davvero divertendo, a dire il vero sopratutto nei falsopiani un pò in discesa.
“A questo bivio si gira per Madonna della Neve, ma è salita- Niente svolta, vai avanti, vai avanti- Siamo a Cessole, continuiamo per la stradina secondaria??- sicuro, vuoi mica cacciarti nel traffico- Adesso c’è un tratto che sale- Ehh, lo so, lo so, aspettami in cima”
Non ho ancora finito la frase, che già non lo vedo più, intanto il tratto lo ricordavo molto più sensibile. Comunque forse perchè gli ultimi chilometri prima di Vesime non presentano salite, forse perchè le gambe letteralmente inchiodate all’inizio sembrano adesso girare meglio, forse perchè si è alzato un leggero vento rinfrescante arrivo a Vesime abbastanza bene e in gran parte rincuorato e ringalluzzito e proprio qui sta il mio fatidico sbaglio ma di questo ne parliamo la prossima volta.