Eventi Langhe-Monferrato
Bubbio: Rievocazione trebbiatura del grano anni 60
Se vi capita di trovarvi nella zona , non troppo lontano da Bubbio (At) dove ha sede la nostra piccola struttura ricettiva (affittacamere Ca d’ Becon) o se volete trascorrere una giornata diversa dal solito alla scoperta di uno degli antichi mestieri di una volta, la trebbiatura anni 60, ed assistere ad una straordinaria sfilata di trattori d’epoca (quasi un centinaio) venite a visitare il nostro paese il 21 Agosto
Infatti dalla collaborazione tra il comune di Bubbio, la proloco ed il gruppo trebbiatori d’epoca di Bubbio è nata la rievocazione, quest’anno alla sua terza edizione, di quella che è stata, già in antichità, una lavorazione tipica contadina fra quelle più cariche di risvolti e valenze etiche, culturali e tradizionali, quella della trebbiatura sull’aia.
Ancora oggi infatti a testimoniare questo senso sacro del grano e dei suoi derivati, pane e farina, sopravvive ancora in varie parti l’usanza di segnare con una croce le pagnotte poste in lievitazione prima della successiva introduzione nel forno di cottura.
Trebbiatura come chiusura di un lungo ciclo di lavoro iniziato ad Ottobre dell’anno precedente con la concimazione a base di letame e la preparazione dei terreni per la semina. Conclusione e il meritato premio di un anno di fatiche, di attenzioni, di lavoro e di speranza.
Trebbiatura come sicurezza della sopravvivenza nel lungo inverno, lo scongiuramento dalla carestia e dalla fame con una valenza che supera le questioni puramente economiche e vitali abbracciando anche quella mistica e religiosa.
Il grano come elemento fondamentale nella vita dell’uomo, simbolo stesso della morte e della rinascita nella sua trasformazione da seme a farina e pane. Tema così presente e ricorrente nella storia religiosa, nel Vangelo degli Apostoli, nelle parole stesse di Gesù e nelle varie forme di iconografia ed arte religiosa
Trebbiatura come raccolto quindi come ringraziamento ed indissolubile unione con la Madre Terra intesa nella sua sacralità di dispensatrice di vita, abbondanza e benessere
Trebbiatura come fautrice di quella mirabile gioia collettiva che nasce dalla solidarietà, dalla fratellanza e condivisione d’intenti, senso ed orgoglio di appartenenza, partecipazione emotiva alla soddisfazione dei meriti per il buon lavoro svolto e per l’impegno dimostrato.
La trebbiatura sull’aia con la trebbiatrice azionata dal mitico “tratur a testa cauda” (trattore a testa calda) per chi, come me, ha avuto la fortuna di vivere è un esperienza che non si può scordare, un momento di magica atmosfera, una festa collettiva nel vero senso della parola, così intensa da cancellare magicamente eventuali antipatie, malumori od invidie.
Un evento che per tutta la sua durata sembrava riuscisse ad immergere magicamente i protagonisti in un atmosfera surreale estraniata da tutto il resto.
Questo grazie forse anche al grande polverone che sfumava tutti i contorni e nascondeva l’uno all’altro e al rumore, a momenti assordante, che copriva le grida dei lavoranti mischiate con quelle squillanti dei bambini elettrizzati dalla scena o forse perchè la concentrazione, la comune fatica e la religiosa magia del momento distoglieva dal cupo pensare
Magia che era già, per la famiglia di contadini dove avveniva (proprietari alcuni, mezzadri nella maggioranza dei casi) iniziata prima del mitico giorno con la fase della mietitura, legatura dei covoni e preparazione nella zona generalmente antistante l’aia o nell’aia vera e propria del pagliaio che nel caso delle cascine più grandi poteva arrivare a superare l’altezza della casa, una vera opera d’arte che rievocava e riprendeva il sentimento mistico di prima, ricordando nella sua intima preparazione, un pò la costruzione delle chiese
Prima vera fase della trebbiatura vissuta sempre con una certa emozione era “el piazament“, traducibile in italiano in “il piazzamento“, cioè la sistemazione strategicamente più valida e sicura della “macchina” e del “tratur” che, tramite una pesante e robusta cinghia di cuoio, trasferiva il moto all’intera massiccia attrezzatura.
Questa era costituita sommariamente da due parti, la “trebbia” vera e propria che separava i preziosi chicchi dalle spighe e dal gambo indirizzandoli ai sacchi e “l’ambaladur” traducibile letteralmente in “l’imballatoio”che, come il nome stesso fa intuire, pressava la paglia legandola poi nei caratteristici “balot“( balle).
Pressata e legata con fil di ferro la paglia assumeva la forma di grandi mattoni della misura all’incirca di 50 cm di larghezza e 120 di lunghezza che venivano, da alcuni addetti, prontamente recuperati e trasportati nella zona dello stoccamento dove venivano magistralmente impilati
Indiscusso responsabile e direttore dell’operazione in ogni suo dettaglio era “el machinista“(il macchinista) vera figura emblematica che, nel contesto, assumeva la valenza carismatica tipica del ministro religioso o del condottiero in battaglia.
Tutti i collaboratori ne percepivano ed ampliavano l’aurea indiscutibile dell’uomo di comando, tutti pendevano dalle sue labbra, chiedevano chiarimenti e delucidazioni, trasmettevano comandi, impressioni, commenti ed umori. E tutti attendevano con trepidazione il momento dell’avvio e collaudo delle macchine e soprattutto del atteso perentorio ordine di “tache pura a campè” (Cominciate pure a caricare)
Da qui in poi, come per magia, ognuno si ritrovava al suo posto, da quelli che avevano l’incarico di alimentare, tramite l’apposita”bocca”, la trebbia a coloro che si occupavano del riempimento delle “misure”di grano e dei pesanti sacchi di iuta e del relativo trasporto nel granaio a quelli che introducevano il filo di ferro destinato a legare le balle nell’imballatoio e a tutti gli altri.
Ai bambini veniva spesso affidata la missione di portare da bere ai manovalanti, diventati ragazzini si aveva generalmente il compito appunto di preparare questi fili di ferro.
L’operazione consisteva nel tagliarli prima in lunghezza, poi sistemarli su una apposita macchina con la quale, tramite la rotazione manuale di una manovella, gli si realizzava sull’estremità l’occhiello per la legatura.
Man mano che si cresceva si passava a mansioni più “qualificate”come il trasporto e lo stoccaggio dei “balot” oppure al ruolo più impegnativo di caricatore dei covoni nella bocca della trebbia.
Quando la trebbiatura volgeva al termine arrivava il momento più atteso dai ragazzini, quello stupendo ed affascinante dei tuffi e delle “nuotate” nel mucchio di grano ancora caldo, divertimento unico ed irrinunciabile tra vicendevoli scherzi e gioiosi schiamazzi. Se penso che allora non esistevano inquinamenti o prodotti chimici di sorta, che nostalgia.
La trebbiatura finiva con il rito del lavaggio dei lavoratori con l’utilizzo della pompa azionata a mano o di grandi e numerosi tini riempiti di acqua. Anche il lavaggio pubblico acquisiva una valenza religiosa di purificazione dopo il sacrificio e di affermazione di appartenenza alla comunità e ai suoi valori.
Valenza ancor più ribadita dalla tavolata finale che sempre seguiva, legittimava e consacrava idealmente il raccolto ed il rifornimento del granaio e quindi la sicurezza del sostentamento.
Con la tavolata finale e l’allegra degustazione del cibo si cimentava appunto l’appartenenza e la condivisione di valori sacri come la solidarietà, la condivisione, la carità e la compassione. Come a dire “Grazie per averci aiutato a rifornire il granaio, un pezzo di pane ci sarà sempre per chiunque dovesse mai patire la fame”.
Personalmente io sono un tipo schivo, rigidamente amante della proprio quotidiano riserbo, per cui partecipo quasi niente a queste ricostruzioni ma sono convinto della loro importanza nel mantener vivo nelle nuove generazioni questo collegamento alle radici storiche e tradizioni culturali di un passato che è stato la base di quello che siamo adesso, in quanto non si può comprendere il presente senza partire dal passato.
Questa è la valenza principale di qualsisi rievocazione popolare e folkloristica, ed anche economica, la valorizzazione ed il recupero di una ricchezza e patrimonio culturale che ha costituito le fondamenta dell’attuale società.
Ancora più importante di prima adesso in quest’epoca in cui si assiste ad un rapido, progressivo, inquietante quanto pericoloso distacco dai valori fondanti dell’umanità stessa.
Questo il programma nelle sue fasi principali
Ore 8.30 Iscrizione presso il campo sportivo.
Ore 11: percorso panoramico.
Ore 12.30: Pranzo offerto dalla Proloco ai macchinisti partecipanti.
Ore 15: Ritorno al campo sportivo.
Ore 16.30: Inizio Trebbiatura con la possibilità durante tutta la giornata di aratura.
Ore 20: Cena con porchetta presso il Giardino dei Sogni con intrattenimento musicale (libera partecipazione).