Il perchè della nostra esistenza: una questione antica e dibattuta
Sul perchè della nostra esistenza, sul senso della vita e del mondo si sono spesi da sempre montagne di scritti così come tema centrale della nostra vita è sempre stata la lotta fra il bene e il male.
Mi sono imbattuto ultimamente su un commento riguardante appunto questa tragica realtà, tragica in quanto, da sempre, il male ha prevalso sul bene, scritto nel 2002 e quindi un pò di anni fa ma per me del tutto nuovo da Fiorella Rustici.
Condivido solo in parte il commento della Rustici, sono d’accordo su gran parte dell’analisi riguardante la società moderna improntata sul materialismo più sfrenato con la ovvia conseguenza della progressiva perdita dei valori fondanti dell’umanità ma non condivido l’affermazione che la scelta del male derivi solo dalla mancanza di coscienza.
La Rustici scrive “Il contrapporsi del male e del bene non è un combattimento tra due entità astratte ma la lotta fra coloro che hanno una coscienza e chi non ce l’ha perchè non l’ ha ancora sviluppata- Avere una coscienza significa avere e comprendere quindi conoscere tutta una serie di concetti (giustizia, spiritualità, evoluzione, amore che chi, invece incosciente, non possiede, cioè non ha ancora portato a livello conscio”
Sarebbe troppo comodo avallare e sostenere del tutto questa affermazione che ci assolve e ci perdona a priori da “peccati” ben più gravi. Si è vero che molte volte il male nasce dalla ignoranza e dall’incoscienza per cui chi lo commette non se ne rende nemmeno precisamente conto ma purtroppo il più delle volte il male è una scelta non solo del tutto consapevole ma anche compiacente e preintenzionale.
Noi scegliamo il male perchè appunto più comodo, per opportunismo, interesse personale, per vigliaccheria e soprattutto per mediocrità.
Dostoevskij scrittore molto sensibile a questa tematica scriveva “Satana lotta con Dio e il loro campo di battaglia è il cuore umano“ per spiegare la tragica situazione dell’uomo come sede della lotta fra il bene e il male.
In realtà lo scrittore non credeva che il male nascesse dalla lotta di un Dio malvagio in opposizione al Dio buono ma più semplicemente il male è un principio ribelle all’essere assoluto, il male è il ripudio di Dio. E’ la resistenza alla nostra umana fragilità, la rivolta alla morte, la ribellione alla presenza dell’infinito nella nostra condizione di finito, la negazione della presenza dell’assoluto. Il male di per sè è nulla, essendo negazione porta sempre alla distruzione dell’altro e al contempo, quando non c’è il pentimento all’autodistruzione.
Quindi Dostoevsky non afferma l’insuperabilità del male, anzi il contrario, il male esiste apposta per essere sconfitto dal bene, ma l’unica via possibile passa attraverso un doloroso e sofferto passaggio dentro il male, l’uomo per arrivare al bene deve fare l’esperienza del male, pentirsi amaramente fino a redimersi.
Quindi il male diventa una realtà necessaria per conoscere, far emergere il bene e decretarne la vittoria su se stesso. Questa suggestiva, affascinante e anche plausibile oppinione poteva però avere molto più riscontro nella realtà quotidiana ai tempi di Dostoevsky che adesso per il semplice fatto che la nostra società molto più di allora è imperniata sulla mediocrità.
L’uomo moderno non è mai stato così penosamente mediocre, così incapace di elevarsi ad un minimo e accettabile livello di dignità nel male come nel bene, come se avesse le ali tarpate, le gambe nelle sabbie mobili, il cuore senza forza, il cervello annebbiato.
Ai tempi dell’autore l’antitesi era abbastanza chiara, le parti nettamente separate, il contrasto stridente. Adesso non è più così, il potere per alimentare la sua fame insaziabile deve servirsi per forza del male sotto forma di sfruttamento, di ingiustizia sociale, di accaparramento di beni, di negazione di libertà, di controllo “economico” delle masse ma tutto questo è per cosi dire sfumato, mascherato, abilmente confuso.
Il male sembra avere imparato la lezione della storia, sembra aver capito che se si propone con la sua devastante forza, con la sua feroce identità con i suoi caratteri di rabbia e proterbia scatena l’ontologica reazione del bene, davanti al male nella sua essenza nasce la ricerca del bene (basta pensare al Nazismo, alla rivoluzione francese o a quella cubana, e a decine e decine di altri casi)
Con questa consapevolezza il male nel tempo ha cambiato la sua strategia, ha affinato le sue armi, ha imparato l’arte del trasformismo, del mascheramento, non si propone più come forza rabbiosamente prepotente ma si traveste da “portatore di bene”, con i potenti mezzi che gli ha messo a disposizione la tecnologia (televisione, giornali, capillare rete di”associati” ) fa credere alla massa di avere come priorità il suo bene, finge di lottare per creare e realizzare “l’interesse comune”.
Ed è proprio con queste armi che il male ha raggiunto vertici di pericolosità inquietanti, prima il male poteva anche causare la catastrofe del genocidio degli ebrei ma era condannato ad esaurirsi, pure nella tremenda gravità delle conseguenze si condannava da solo ad estinguersi facendo, come antitesi, nascere il bene.
Adesso come può reagire il bene se si trova davanti ad una maschera di se stesso?? se gli vengono continuamente rivoltate le carte davanti, come può inquadrare un bersaglio in una sala degli specchi o in un ballo mascherato?
Come può l’uomo moderno ritrovare se stesso?, ritrovare la strada smarrita?, la luce si può portare in un ambiente buio ma non in un luogo grigio e nebbioso, immerso in una foschia che confonde le cose, che altera i contorni, che nasconde gli spigoli, come può accorgersi di andare in direzione di un baratro se non può coglierne la presenza?
Il male ha creato un sistema perfetto, un meccanismo forse inarrestabile, “il controllo delle masse“, un fango, una specie di mastice, di gelatina che se funziona poco con il singolo che in qualche modo dimenandosi riesce a muoversi e quindi ad illudersi di essere libero diventa sempre più tenace, più frenante, più denso e resistente man mano che aumenta il numero di persone invischiate.
Infatti nel singolo e nel piccolo gruppo l’umanità è ancora ben presente, il desiderio di libertà forte, l’indignazione evidente, l’anima e la coscienza ancora un pò vive, il singolo e il piccolo gruppo cercano ancora di liberarsi dalla colla gelatinosa. Ma ecco che come il gruppo aumenta, più le persone accorrono numerose più la tenacità della colla aumenta, il sistema organizzato infila le sue pedine, piazza le sue mine, i suoi fedeli “portatori” del male limano con grande abilità le basi, insinuano il dubbio, generano l’invidia, creano asfissia.
Il gioco è fatto, la reazione viene interrotta così come s’interrompe una reazione chimica, la nascita del bene bloccata, paralizzata.
Dall’altra parte oltretutto a favorirne enormemente l’opera demolitrice, come dicevo prima, c’è l’estrema mediocrità dell’uomo moderno, una mediocrità voluta, agognata, cercata, alimentata e realizzata dal sistema.
L’uomo è stato più o meno lentamente immerso verticalmente nel consumismo, nella corsa all’acquisto spesso senza senso, l’uomo non si accorgeva che man mano che aumentavano gli oggetti nella sua casa, di pari passo, perdeva tasselli della sua identità, frammenti della sua anima, con l’acquisto” l’uomo pensava di poter comprare proprio quello che non si accorgeva invece di perdere, la propria libertà, la sua identità fatta di dignità e coscienza.
Era proprio questo che il “portatore” del male voleva e dove rischia di realizzarsi la sua vittoria, stravolgere la realtà, creare illusioni e trucchi in modo da infiacchire l’avversario, da renderlo appunto mediocre, incapace di concentrazione sul proprio pensiero e quindi di comunicazione e aggregazione con il prossimo, incapace quindi di nuocere.
Forse mai come in questo periodo per far nascere il germoglio del bene è cosi difficile individuare quello del male, mai, anche quando ci sono stati momenti in cui l’uomo sembrava aver toccato il fondo, si è corso il rischio attuale di non accorgersi del baratro: l’annullamento del pensiero, della libertà intellettuale, della nostra identità al servizio del potere economico, delle leggi di mercato.
E proprio adesso che ce n’è un bisogno disperato non esistono più giganti, di eroi si è persa ogni traccia, di San Francesco la razza, il consumismo, le comodità, la infida pubblicità hanno infiacchito l’uomo, lo hanno impantoffolato, cambiato trasformato, ha ben poco ormai della sua naturale fierezza, non si accorge di essere già un mutante, nemmeno più si ricorda di termini quali appunto dignità, positivo amor proprio, fierezza morale.
Ma non deve arrendersi, non può arrendersi, il lui è presente qualcosa che gli è stato donato che non si potrà mai cancellare, si potrà come adesso indebolire, travisare, cercare di nascondere ma non distruggere, l’uomo deve solo appellarsi a questo, deve imparare a dialogare con se stesso o se preferisce con Dio.
E farlo con costanza, bastano pochi minuti ripetuti nell’arco della giornata, deve di nuovo imparare a chiedersi, perchè? Chi sono ? Qual’è il mio compito? Cosa cerco? Deve di nuovo pensare a “Fatti non foste per vivere come bruti ma per seguire virtute e canoscienza“.
Ma non basta ritrovare la propria identità, deve con determinata costanza adeguare le sue scelte e il suo pensiero alla ricerca di quel qualcosa di superiore, di trascendentale, quell’esigenza dello spirito che tutti hanno dentro di sè.
Abbiamo poco tempo e un obbligo con le nuove generazioni, chi è quel genitore che vuole la morte dell’anima e la negazione della libertà intellettuale per il proprio figlio? Dedichiamo fatica ed impegno costante per garantirgli lo “status” economico, il gruzzolo su cui contare, tutte le comodità della vita moderna e non ci accorgiamo che gli stiamo togliendo la sua condizione naturale, la sua stessa essenza di esistere, per garantirgli una realtà sempre più piena di oggetti gli stiamo togliendo ogni vera ragione di vita.
Eppure anche in questo non siamo, almeno volontariamente, singolarmente colpevoli, la famiglia cerca ancora anche se con l’acqua alla gola e la mancanza di tempo di tramandare una certa cultura dei valori ai propri figli, il problema che anche qui lo fa con mediocrità, senza la sufficiente incisività e insistenza, senza quella costanza che porta al successo.
E per avere questa costanza dobbiamo innanzitutto pretenderla da noi stessi, fare luce in fondo alla nostra coscienza e fare ogni giorno e ripeto ogni giorno l’unica scelta che nel profondo tutti in fondo conosciamo essere l’unica in grado di dare un futuro ai nostri figli: la scelta dell’amore. Ma questa scelta fatta con superficialità, senza determinata presa di coscienza , saltuariamente o frettolosamente è sterile, non da frutti , viene facilmente vanificata..
Io do ragione a Dostoevsky, il bene alla fine è più forte del male, l’essere umano è tremendamente pericoloso e lo dimostrano i crimini spaventosi che ha commesso ma insito in se rimane la scintilla del bene, riconosciuto l’orrore l’essere umano rimedia e si riscatta, il pericolo oggi è proprio quello di non poter distinguere il male.
Facciamo una scelta,se non per noi, per i nostri figli, riflettiamo un momento, troviamo un paio di minuti tutti i giorni, siamo proprio sicuri che sia più importante comprargli l’alloggio al mare che aiutarlo a coltivare concetti quali giustizia e solidarietà? Quale delle due cose potrà veramente dargli gioia nel profondo? Quali delle due cose gli offrirà un senso alla propria vita e d un mondo migliore , anzi a ben pensarci quale delle due cose gli darà ancora la possibilità di avere un mondo?