Un carattere che consente pochi amici
Il mio migliore amico l’ho praticamente conosciuto in fabbrica, all’incirca 25 anni fa, io sui trent’anni, lui qualche anno di più. Già il fatto di non aver mai incrociato prima le nostre strade in un paesino di appena 1000 abitanti, con un’ età anagrafica molto ravvicinata e tanti interessi in comune come lo sport, tipo il pallone elastico, il calcio e la corsa è di per sè una cosa davvero strana.
Questo la dice subito lunga sulla complessità del mio carattere che giustifica l’idea di individuo superbo e scostante che si sono fatti di me gran parte dei miei compaesani.
Ma in realtà e credo in completa obiettività di poter affermare che questa parvenza di superiore distacco sia invece legato alla mia estrema timidezza insicurezza e riservatezza.
Soprattutto quest’ultima è quella che più mi condiziona imprigionandomi in una sorta di costante paura di poter sembrare invadente o ficcanaso ogni volta che vengo a contatto con qualcuno.
Da un lato condannato dalla mia idiosincrasia per le frasi fatte, i discorsi banali, fini a e stessi costruiti appunto per dare un senso comune allo stare insieme, triti e ritriti, fatti di pettegolezzi, commenti scontati, previsioni sul tempo e l’andamento della stagione, su valutazioni sportive consumate, stantie e nella migliore delle ipotesi terribilmente prevedibili e scontate.
Dall’altro impedito appunto dal mio senso di non invasione della privacy ad approfondire la conoscenza intima delle persone con cui vengo a contatto non ho altra scelta che non sia l’evitare, il ritirarsi e quindi il chiudersi.
E’ una piccola sofferenza che convive con me da sempre, cresciuta nel tempo, il mio carattere è una porta chiusa, un accesso difficilmente apribile ,una possibilità negata a priori.
Non ci vivo male, anzi, ma ultimamente, col passare degli anni, mi viene da chiedermi quante occasioni ho volutamente perso, quante persone “vere”, sincere, schiette, positive non ho potuto conoscere per questa mia intrinseca scelta di restare nella caverna , quanti incontri, conoscenze, informazioni, fonti di sapere, possibilità di crescita umana e spirituale mi sono a priori negato . Beh, “Ognuno è vittima di se stesso“.
Comunque, non vorrei aver dato un idea di me troppo estrema, non è che vivo appunto da orso nella sua caverna. Ho un mucchio di interessi,conosco e parlo con molte persone ma resto come ho appena detto sulla difensiva che non è nemmeno una scelta precisa ma esclusivamente caratteriale.
E se il rapporto in qualche modo s’intensifica e cresce il merito iniziale è sempre dell’altro che si è impegnato con gran fatica e costanza a scalare il muro da me così ben costruito.
Il mio miglior amico: Un amicizia apparentemente cercata ma forse semplicemente “trovata”
L’ amico di cui parlo è stato uno di quegli scalatori cui ho accennato sopra, soltanto che lui il muro non lo ha scalato a fatica, l’ha semplicemente buttato giù in quattro e quattr’otto, come fosse stato un birillo, gli sono bastati pochi giorni, pochi contatti, poche parole e l’intesa è nata da sola.
Quella affettiva credo per merito suo basato sulla sua innata simpatica schiettezza con cui si attira con estrema facilità il benvolere e l’amicizia di tutti ma quella più profonda è nata da qualcosa al di là della nostra stessa comprensione, un insieme, un amalgama di aspetti caratteriali, emotivi, e di pensiero, la reciproca scoperta nell’altro di molto del tuo, quella che insomma viene confinata nell’espressione sicuramente riduttiva di “intesa mentale”
Ad unirci credo sia stato anche determinante questo fatto di essere entrambi, anche se in modo diverso, un pò fuori dal coro, dagli schemi mentali tipici di una realtà contadina, da una filosofia un pò spicciola così radicata tradizionalmente da sopravvivere ancora nonostante l’incredibile cambiamento culturale degli ultimi decenni
Filosofia contadina non solo paesana
Qui sopravvivono quei vecchi modi di pensare legati innanzitutto ad una situazione geografica caratterizzata da spazi ristretti che hanno alimentato nel tempo una chiusura mentale naturale. Da una parte questo fatto ha una valenza estremamente positiva perchè ha permesso di salvaguardare anche valori e sentimenti sani che vanno conservati e tramandati alle nuove generazioni ma dall’altra ci condanna ad una certa quale “pochezza spirituale”
Qui, alla fine questi spazi restano ristretti, la mentalità del piccolo paese di provincia sopravvive ancora forte,saranno forse le nuove generazioni proiettate sulla ricerca in rete a sconfiggerla.
L’invidia resta fine a se stessa, vegeta il pettegolezzo come regola di vita, la calunnia gratuita, il continuo sbirciare nel giardino del vicino, l’augurio anche malefico:”Me ai augur niente ed mo pero”(io non gli auguro niente di male, però !), la predizione pessimistica“Me ai ova diglie- Stuma a vughe che fen…..”(“Io glielo avevo detto- Stiamo a vedere che fine fanno”) dominano ancora inconstrastati insieme all’idolatria del denaro quella del possedimento tipici della vecchia mentalità del mezzadro.
Mio suocero mancato qualche hanno fa (per fortuna ad una veneranda età) concludeva ogni discussione con un laconico “fa che n’ obe” (“fa in modo da averne”) chiaramente riferito ai soldi e d’altronde visto l’andazzo generale non gli si può nemmeno dare torto.
Comunque trovare in questo contesto una persona di un’ intelligenza davvero fuori dal comune, una lungimiranza intrinseca, con la costante consapevolezza dei propri limiti e di quelli di tutta l’umanità, trovare finalmente uno che sa quanto la nostra natura sia fragile, incostante, inaffidabile, e con cui se ne può pacatamente discutere è stato un grande regalo.
Ed avere nelle immediate vicinanze una persona con cui si può parlare non solo di uva, nocciole, contributi, calcio, pallone elastico ma anche di letture, cinema, di politica come di religione, di Bersani come di San Francesco, di Newton come di Giordano Bruno senza enfasi, senza voler a priori avere ragione, senza il fine prettamente immorale di dimostrare competenza, senza prevaricazioni o strumentalizzazioni è stata davvero una benedizione del Signore.
E forse nel saldare la nostra amicizia oltre alla comunanza spirituale ancora più importante è stata la stessa esigenza di un minimo di integrità morale, di serietà nel comportamento, di costanza nella ricerca di adeguare l’azione alle parole, cioè una certa fedeltà nella parola che da vita, sostiene ed incoraggia la reciproca fiducia
Viviamo come tutti sanno in una società che ha perso il senso dei valori, che ha abiurato le basi fondamentali di un umanità credibile, dove il promettere non conosce il significato di mantenere, dove l’affermazione di oggi è la negazione di domani, dove la finzione e l’autoconvincimento giustificante regnano sovrani. Una società che vive solo più contraddizioni, di confusioni di pensiero e di credo, dove si afferma una cosa oggi per abiurarla l’indomani, dove si proclama in rete il tema dell’ amore per abbandonarsi all’odio più infimo nella realtà quotidiana
Trovare in questa amara realtà contestuale di sfiducia, di confusione, di totale mancanza di certezze una persona che fa della serietà nel comportamento una costante è un miracolo che si ripete nel tempo.
Su di lui sai di poterci contare sempre, che puoi affidarti con tutta tranquillità, sai che se ti dice “ci sono” ha più valore di un atto notarile, che se ti dice “io la penso così” non lo vedrai mai venire a meno nel comportamento alla sua affermazione, sai che sarà così oggi come domani come sempre, un punto fermo, un appiglio sicuro.
Quindi uno che fa del senso della giustizia, della solidarietà, della serietà ed etica comportamentale i suoi pilastri e che si proclama un “ateo convinto” per me è una contraddizione totale.
Dell’etica dell’ateismo e dell’errore di base di partire da un’ autorità (nel caso Dio) emanatrice di norme e regole di comportamento si sono scritti centinaia di testi. Io non voglio entrare in polemica o discussione con i suoi sostenitori anche se, secondo me, non si rendono conto che nel momento stesso in cui usano l’espressione ” individui illuminati” sono già in contraddizione.
Mi limito solo a sottolineare quello che è alla vista e portata di tutti nell’osservazione quotidiana della vita nell’Universo, cioè che il filo conduttore di tutto è l’amore e che non ci sarà mai etica e giustizia alcuna alla portata dell’uomo, senza questa magica parola.
Tant’è vero che è lapalissiano guardare a quali tremende conseguenze hanno portato nei secoli quei momenti di abbandono e distacco totale di questa nostra essenza e di quanto sia difficile anche in tempi migliori mantenere una qualsiasi forma di società davvero umana anche solo nel tentativo di un compromesso con questo termine che pretende a priori una fiducia, un credo e una dedizione totale. Per questo la natura stessa dell’amore è trascendentale.
Bene, questo mio amico “ateo” porta avanti, nel suo piccolo, nel suo quotidiano comportamento individuale un rispetto per “l’amore”, fuori del comune.
Quindi scusami ma te lo ripeto per l’ennesima volta, smettila di venirmi a dire che sei un ateo convinto, balle, lasciatelo dire, tu sei un credente e per di più praticante molto, molto, più di tanti altri che si professano tali e sono sempre in chiesa a portare il loro prezioso contributo disposti poi a svendere, in qualsiasi momento la parola “amore” per una manciata di denaro.