Quel giorno Franco ed io avevamo incontrato per strada quel gentile signore che ci aveva chiesto se poteva farci qualche foto; a distanza di venti anni mi ricordo ancora con precisione le parole esatte della nostra risposta ”se ci tiene faccia pure”. La cosa non mi stupisce, ho un ricordo di quei giorni, nell’insieme, abbastanza confuso ed evanescente ma pieno di decine, forse centinaia di flash estremamente vivi e chiari, come chiodi nella testa e l’incontro con il fotografo durante il breve tragitto che portava il mio amico ed io sul devastato luogo di lavoro è uno di questi.
La foto che ci riprende appartiene infatti alla raccolta di foto sulla tremenda alluvione che aveva colpito il Piemonte nel Novembre del 1994 e nello specifico la Valle Bormida in seguito allo straripamento dell’omonimo fiume Bormida di Millesimo.
Adesso so che quel cortese signore che ci ha scattato la foto era Vittorio Ubertone di Asti, fotografo professionista che da molti anni, oltre ovviamente alla fotografia ( http://www.400asa.it/ ) , ed a sport tipo l’Aquabike (http://www.f1h2o.com/ ) si dedica con passione al nostro territorio (http://www.saporidelpiemonte.it/ )
L’amico e collega Franco è venuto a saperne dell’esistenza grazie ad Elisa Gallo, gestore del Bar DivinBacco di Bubbio, che poi cortesemente, ce le ha inviate. Gliene sono davvero grato, mi emozionava l’idea,dopo tanti anni, della conferma sulla carta di quello che comunque avevo impresso nella memoria.
Quelle foto le avevo anche cercate ma così un po’ a tentoni, il fotografo si era presentato ma in quei frangenti densi di pensieri ed emozioni scordarsi di segnarne il nome e dimenticarlo in breve tempo è più che comprensibile per cui non avevo, perlomeno allora, praticamente alcuna base su cui impostare una ricerca, Per di più la frenetica ed intensa, direi quasi disumana attività delle settimane seguenti al tremendo evento lasciava spazio zero a qualsiasi tipo di evasione.
Noi eravamo stati colpiti sia a casa che sul luogo di lavoro, Franco per sua fortuna in maniera relativamente lieve ma io, anche se comunque marginalmente rispetto a molti altri, avevo subito danni pesanti in quanto l’acqua oltre che in casa dove era arrivata ad un altezza di 60 cm era penetrata anche nel laboratorio di fabbro-carrradore sommergendo i motori e gli organi di trasmissione delle vecchie(tardo 800-primo 900) macchine del nonno. Ed il problema non era tanto l’acqua quanto l’incredibile mole di fanghiglia ostinata che lasciava incollata ad ogni cosa per cui anche l’abitazione al piano terra era in uno stato di desolante rovina
La foto guardata con un po’ di attenzione e compartecipazione parla da sola cosi come le espressioni dei nostri volti, Franco ed io stiamo camminando sulla provinciale Acqui-Cortemilia che corre appunto parallelamente a ridosso di quel fiume che, non molte ore prima, si era trasformato in una specie di tsunami. Veniamo da una notte che ci ha concesso poche ore di sonno per poterne dedicare il grosso a pulire, lavare, asciugare, spostare, scegliere tra il conservare e l’eliminare per poi recarci, il mattino presto in un luogo ben più devastato, quello del lavoro, la fabbrica S.p.a. Val Bormida dove il fiume è passato con forza e veemenza incredibili trasformando, tanto per fare un esempio, le auto parcheggiate all’interno in accozzaglie irriconoscibili di rottami o piantando tronchi giganteschi negli ingranaggi delle presse.
L’acqua è arrivata nei reparti ad un altezza di quasi due metri spostando, rovesciando, accartocciando le macchine più leggere e comunque quasi sommergendo quelle più pesanti o meglio ancorate e tutto quello che trova sul suo cammino. Ma il danno più grave, più rovinoso, più difficile da rimediare rimane il fango in ogni organo meccanico, nelle viti dei carrelli, in qualsiasi organo di trasmissione, in ogni minimo cuscinetto, fango che rischia di trasformare rapidamente organi meccanici delicati di grande precisione in blocchi di ruggine.
Per questo bisogna fare presto, e poi bisogna fare presto per ripartire con la produzione, condizione indispensabile per consentire alla ditta di reggere l’impegno economico della ricostruzione. Dovremo in poche settimane, oltre a lavare e pulire i locali e tutto il contenuto smontare praticamente pezzo per pezzo gran parte delle macchine utensili per poi rimontare il tutto e ripartire con le lavorazioni di fresatura, tornitura, foratura, rettifica ecc ecc per ricreare il parco stampi e attrezzature di cui una buona parte sono andate perse o sono rovinate.
Un impegno titanico che è riuscito grazie al totale impegno di tutti, innanzitutto della ditta che ha saputo reagire sul piano emotivo e soprattutto economico con una forza encomiabile e a conferma di queste parole basta sottolineare che non ha mai tardato una sola volta nelle consegna della busta paga. Poi della direzione che ha saputo gestire una situazione che definire difficile suona come un eufemismo. Della popolazione locale che ha dimostrato grande senso di solidarietà dando un significativo aiuto nei primi giorni cioè nel momento di massima difficoltà. Di tutte le maestranze poi che hanno dimostrato non solo un grande impegno ed attaccamento all’azienda ma anche un elevato grado di professionalità e capacità gestionale lavorando per un periodo non solo il sabato ma anche la domenica mattina
E quelli, come noi, colpiti anche a casa, finito di maneggiare fango sul lavoro, correre a casa per maneggiare altro fango. Per fortuna a 40 anni non si ha praticamente paura di nulla
Sorrido a vedere Franco ed io su quella strada, è un sorriso che nasce dal vivo ricordo dello stato d’animo di quei momenti, pieno di opposti significati, ansia e nel contempo determinazione, stanchezza e caparbietà, paura e coraggio, ma soprattutto reciproca solidarietà, quel bellissimo, appagante senso di comunanza e di unione d’intenti che nasce proprio da situazioni disperate come queste.
Proprio in questo sta l’incomparabile importanza di questa(come d’altronde tutte le altre) foto.