Un mestiere del passato ed un ricordo d’infanzia
La trebbiatura per due nonni
Uno dei miei nonni, “nono Giuanen” il padre di mia madre, era un mezzadro agricolo che ha vissuto e lavorato per tanti anni a Bubbio “an t’la caseina du Parascos” (Nome di difficile traduzioni in italiano, letteralmente “Parascosse” credo nel senso di “parafulmini”).
La cascina era come tante altre del paese di proprietà della nota famiglia Sizia. Una fattoria, in quanto a produzione di grano, fra le più grandi della zona.
L’altro di nonno, quello da parte di padre (Nono Becon), oltre a gestire un noto laboratorio artigianale di “carradore“, era anche un trebbiatore di professione, uno dei primi a possedere una moderna trebbiatrice meccanica, ai tempi gioiello della tecnica e fonte di incredula ammirazione fra la popolazione locale.
La prima trebbiatrice comprata dal nonno una macchina a caldaia a vapore trainata e spostata da un luogo all’altro con buoi o cavalli, sostituita poi con una più moderna tirata e messa in funzione dai primi mitici trattori a testa calda.
Quando io andavo ad aiutare i miei zii e cugini a trebbiare il grano a “parascos” purtroppo il nonno Becon erà già mancato da anni come pure uno dei suoi figli, mio zio Cailo, che aveva ereditato e portato avanti, spesso coadiuvato da mio padre (Tavio ed Becon) l’attività del padre e a trebbiare il grano venivano altri trebbiatori, altre trebbiatrici, altre storie.
Mi è però sempre piaciuto immaginare l’incontro in quell’occasione nella insolita differenza di situazione dei due nonni.
L’agricoltore da una parte con l’enorme burla di grano da trebbiare che aveva visto la propria figlia andare sposa del figlio dell’altro, l’artigiano che si recava a “casa” del consuocero come prestatore di un attività, di un servizio, nel caso specifico appunto la trebbiatura del grano.
Mi ha sempre colpito questo lato inconsueto, per così dire un pò anomalo che caratterizzava quel momento a se stante, fuori dai soliti schemi e motivazioni che generalmente scandiscono l’incontro fra “diventati” parenti.
Ancora adesso, dopo tanti anni ,mi incuriosisce immaginare quale tipo di rapporto, quale grado di reciproca simpatia o viceversa, antipatia, che livello di intesa poteva esserci tra nono Giuanen e nono Becon.
Intrinsecamente chiuso e radicato nelle proprie convinzioni il primo, immerso e sprofondato nelle proprio limitante e parallelamente rassicurante ambiente di campagna.
Agli antipodi il secondo, estroverso e vulcanico, perennemente proiettato verso il futuro e l’innovazione, ribelle ad ogni limite imposto, in costante ricerca di qualcosa che sembrava sfuggirgli.
Inoltre anche se il nonno Becon non era certo tipo da puerili vanterie, bisogna considerare che, a quei tempi, uno come lui che univa in una sola figura il proprietario della trebbia e il “macchinista” cioè l’incaricato di far funzionare la “macchina” imponeva grande rispetto e considerazione.
A quei tempi già solo la figura del macchinista era un pò mitizzata, detentore di un arte quasi alchemica e di conoscenze che sembravano sconfinare nell’esoterico, solo lui poteva mettere in moto il “mostro meccanico” e tenerlo sotto controllo impedendogli di “ribellarsi” e fare danni. Solo lui poteva impartire gli ordini con giusta sequenza, organizzare gli operatori, controllarne il lavoro.
E questa prerogativa di nonno Becon non so se non rappresentava un ulteriore difficoltà di comunicazione, certamente mi sarebbe piaciuto assistere almeno una volta ai loro incontri per carpire l’atmosfera, le caratteristiche, la qualità dei loro rapporti.
L’unica cosa di cui sono sicuro è che ho preso dei nonni un pò dell’uno ed un pò dell’altro, condensando in me questa duplicità contrastante di carattere.Ovviamente spesso mi sono trovato in difficoltà nel gestire questa faticosa quanto improbabile mediazione. Non si media sugli opposti, sono loro a determinare i tuoi movimenti, tu puoi solo assecondarli o cercare vanamente e confusamente di coniugarli, già sapendo che sarà impresa improbabile.
Mah!! forse è il destino che ha voluto che io abbia come base genetica una metà legata all’artigiano, estroversa, amante dei viaggi e dei cambiamenti e una metà ereditata dall’agricoltore, riservata e abitudinaria, volutamente misantropa, amante della sicurezza dei suoi angusti limiti.
Ovvio che non sempre sia riuscito a trovare fra di loro un accordo convincente, una conciliante equilibrio per cui per ritagliarmi un pò di quiete, non potendo, per vari motivi, coltivarne una, ho sempre più dato spazio alla seconda.