Quando la passione diventa incoscienza la bici non perdona
Alla fine della seconda parte stavo appunto dicendo che mi sentivo rincuorato e ringalluzzito.
Se io avessi avuto la fortuna d’incontrare, nell’ultimo tratto che porta a Vesime, una salita probabilmente la mia stanchezza, il mal di gambe, il livello delle pulsazioni mi avrebbero a priori costretto a rinunciare a qualsiasi altra minima velleità agonistica, invece come ho spiegato la strada del tutto pianeggiante, il ritmo per niente sostenuto dell’ultimo tratto mi avevano portato a Vesime relativamente riposato.
Questo fatto aveva già di per sè risvegliato, in me, un improvvisa e sopita soddisfazione intrinseca, legata probabilmente ad un cromosomico infantile bisogno di autostima, inoltre, come si sa, il nostro fisico, in queste situazioni di “sconosciuto” stress, libera endorfine a gogò: “Ma guarda, non credevo, le gambe girano ancora bene- Però, tutto sommato, di fiato ce ne ho ancora- Altro che scoppiato” quando da molto, molto lontano (poco più di 2 passi) sento Davide dirmi “é presto, se per te va bene e mi fai la cortesia di avvisare la mamma salgo fino a Roccaverano e ritorno da Monastero, peccato che non sei allenato, sarebbe stato bello fare il giro insieme“.
“Nooo,fermo.. non rispondere al volo come sei abituato in questi casi, pensa, rifletti ti prego, è tuo figlio, non devi dimostrargli niente, e poi rischi di compromettere il suo divertimento, non puoi farlo, lo sai che non ce la puoi fare!!- Però che bello sarebbe poter andare con lui”
E sai già che sei fregato, anche se fai ancora qualche disperato tentativo di auto-convincerti a non fare stupidate sai che il desiderio sta già vincendo sul ragionamento, “Noo, taci sei ancora in tempo, digli di si, lascialo andare oppure digli che hai piacere se ti accompagna nel ritorno”. Macche: “Se prometti di aspettarmi vengo anch’ io con te” “Ma non sarà troppo dura per te” senti dire da tuo figlio visibilmente contento ma un pò incredulo “Dura sarà dura ma penso di farcela”
Bene, tutti quelli che sono saliti, almeno qualche volta, su di una bici provando a superare qualche salita, sanno perfettamente cosa comporti per uno senza il minimo allenamento dopo 25 anni d’inattività, affrontare 12 km di salita con una pendenza media del 9% e tratti del 11 % per cui vi evito tutti i penosi dettagli della mia odissea(fra le due non saprei quale avrebbe scelto Ulisse) così come vi evito tutti gli improperi e i rabbiosi rimproveri che mi sono rivolto e soprattutto vi evito in quanto non esiste umanamente e razionalmente parlando una spiegazione del perchè non sono tornato indietro.
La bici è impietosa quando non ne hai più
Per aiutarvi a capire la mia condizione vi posso dire che gli ultimi 3 km da Monastero a Bubbio, pura pianura, li ho percorsi ai 8- 10 km/h.
Ciliegina sulla torta ?
Niente, dulcis in fundo, mia moglie seduta sulla panchina davanti a casa nostra. Non c’è mai, dico mai, indaffarata com’è tra i lavori di casa, il giardino e l’orto e altre centinaia di faccende non c’è mai, sono circa 25 anni che abitiamo lì e mi ricordo di averla vista seduta appunto sulla panchina non più di una decina di volte,” maledizione, com’è possibile, proprio oggi!” “E’ questa l’ora di arrivare? – Ma dove siete andati a finire?- Avreste potuto anche avvisare- Davide, non è da tè”
Poi mi vede o meglio si ricorda che ci sono anch’ io, mi osserva meglio, descriverne l’espressione non è facile, un misto fra sarcasmo e compassione, fra pietà e disgusto:”E tu cosa hai fatto, ma guardati, sei stravolto- vatti a vedere allo specchio- C’è Giorgio (Giorgio è un nostro cugino medico condotto) da Rosalba, forse è meglio se ti fai vedere- sei quasi irriconoscibile, Ma dimmi te!!!”