Siamo sempre più Social, quindi più “buoni”
Come tutti sanno stiamo vivendo l’era dei Social, da Facebook ad Istangram, da Twitter a Pinterest e chi più ne ha più ne metta. Siamo sempre più Social, e su Facebook siamo tutti o perlomeno in gran parte più “buoni”, più comprensivi, solidali, generosi e via di questo passo
Tutti (beh, quasi) postano, linkano, inseriscono foto e video di famiglia e quant’altro e tutti commentano, giudicano, condannano o assolvono e soprattutto tutti “partecipano” alla gioia e al dolore di qualcuno. Tutti, quando si tratta di partecipazione emotiva mettono “mi piace” o danno la loro approvazione con il pollicione girato in su
Sui Social dominano la solidarietà, la comprensione e condivisione emotiva del dolore e la felice condivisione e celebrazione della gioia altrui eppure è evidente a chiunque che le cose,nella vita pratica, non vanno bene, che il mondo reale sembra viaggiare su binari opposti , in direzione ostinata e contraria (come avrebbe detto qualcuno).
Infatti è vero che il Mondo sta vivendo un progresso tecnologico e scientifico incredibile un po’ in tutti i settori della vita umana ma è anche vero che non sembra pronto ad assorbire l’impressionante cambiamento causato dalla velocità stratosferica dei continui, repentini aggiornamenti.
Nella realtà quotidiana questo processo di modernizzazione risulta così caotico e sfuggevole a ogni controllo che sembra involversi ed attorcigliarsi su stesso come se non trovasse ancora gli appigli concreti necessari per salire verso l’alto.
E mentre nel mondo virtuale della rete la gente viaggia in totale e reciproca comprensione, sospesa sulla classica nuvoletta rosa trasportata da una piacevole brezza di condivisa serenità immersa in stelline giallo oro, fiorellini di tutti i colori, cuoricini, emoticon, commenti, auguri, nella vita reale, la medesima gente si scopre fragile e confusa, con una strana sensazione di pericolo imminente, in bilico tra sedute psicologiche ed ansiolitici vari e tisane dell’erborista di fiducia.
Sembra proprio che i Social siano una fuga dalla realtà, una sorta di rifugio ideale, dove regnano solo sentimenti positivi, dove tutti sono “buoni”, dove tutti trovano solidarietà e sollievo al proprio dolore o condivisione dei propri momenti di felicità. Un universo fatato dove dimenticare la realtà ostile in cui siamo immersi fatta di cattiveria, invidia,ingiustizia sociale, menefreghismo, egoismo ecc, ecc.
Inoltre meglio non approfondire il fatto che gran parte del successo dei Social è già di per se legato ad intrinseche motivazione che di positivo ed umanamente rassicurante hanno ben poco ma che piuttosto hanno spesso origini morbose, legate spesso solo ad un puerile, falsato bisogno di apparire, di essere conosciuto, di avere tanti “amici”, fiumi di di condivisioni e di “mi piace” alla ricerca appunto di una malata gratificazione pubblica.
Un antitesi assurda e stridente tra il “io sono buono” ed il “me ne frego di tutto“, che è facile cogliere in tanti aspetti della vita, non quella delle eccezioni (e per fortuna ce ne sono tante) ma quella della massa, quella che diventa stile di vita, marker comportamentale, emblema di una società, modo di far politica.
E’il tipico “bacio” di saluto del parente a cui siamo stati da sempre visceralmente antipatici, il gesto di condiscendente solidarietà del ricco che “comprende” la situazione del povero, o di dolore per un amico menomato a causa un brutto incidente mentre dietro la schiena si incrocia le dita in un gesto scaramantico “per fortuna non è toccato a me“.
Così si assiste a Sanremo ad una canzone “impegnata” con un testo che condanna la disparità sociale e magari il razzismo presentata dal cantante di turno con straordinaria e commovente partecipazione emotiva quando in realtà a lui interessa solo “sfondare”, farsi spazio, emergere fare “colpo” (ed ecco la tanto decantata “grinta” del “Io ce la devo fare” che in realtà porta in seno una machiavellica ed atavica immoralità)
Si ascolta così il medico che, in un dibattito televisivo, decanta l’umanità del suo reparto aperto a tutti gli strati sociali che poi impianta protesi inadeguate e difettose solo per aver un maggior rendiconto economico
Il politico che celebra la sacralità del suo lavoro e che poi si scopre corrotto sino nelle radici
Si scopre il prete che predica l’amore in chiesa per poi praticare quello carnale con minorenni di entrambi i sessi.
E per restare in tema a gruppi cattolici che si occupano della cura di un edificio religioso, della raccolta delle offerte, gente che circola in continuazione nella chiesa di Dio e che degli extra-comunitari al bar dice (“i van masò tuc” – vanno ammazzati tutti) o che dimostrano nella vita un attaccamento a dir poco morboso al danaro. Pronti, per farne di più, a sfruttare i medesimi, pagandoli con cifre spesso ridicole e senza la minima tutela
Se tornasse Gesù altro che “cacciare i mercanti dal tempio” e se tornasse Gesù ai tempi nostri altro che “Crocifissione”.
Danaro, danaro ed ancora danaro, questa la nostra divinità, potere, invidia, risentimento ed odio per il diverso, questi i nostri sentimenti dominanti.
Omicidi, stupri, uxoricidi, stragi in famiglia e nella società, guerre, fame, epidemie, genocidi, malattie, carestie, pedofilia e si potrebbe continuare all’infinito.
E tutto questo cresce appunto in modo direttamente proporzionale con crescere della solidarietà ed amore sociale che circola su Facebook e gli altri portali analoghi.
Davvero insolito, preoccupante e pericolosa quindi questa penosa contrapposizione tra il virtuale ed il reale.
D’accordo… è sempre stato così, l’interesse personale ha sempre prevalso su quello della comunità ma almeno una volta avveniva in silenzio, con un certo mesto riserbo, un minimo di pudore, adesso è penoso questo gridarlo nel vento “Io vivo per la giustizia e l’onestà” per poi assistere ad un incontrollato dilagare dell’ingiustizia, dell’odio razziale, di quello politico e religioso.
Come?? Già avete ragione, chiedo scusa per l’ennesima volta se spesso mi scordo, come ho già ammesso tante volte, di essere un fedele rappresentante del “predico bene per razzolare male”