La fontana dell’acqua marcia (solforosa)
Di fronte al piccolo affittacamere aperto da mia moglie, a circa una trentina di metri di distanza proprio dove inizia il nostro grande orto biologico c’è una piccola fontanella, sinceramente non so se questo sia il termine esatto in quanto dicendo “fontanella” il lettore penserà immediatamente al classico e generoso getto d’acqua fresca, magari controllato da una bella e antica saracinesca in ottone.
In realtà si tratta di un vero e proprio filo d’acqua di non più di 3 mm di diametro che esce continuamente (si fa per dire) da un tubo di ferro alto due metri da terra e ricurvo in modo da consentirne il prelievo, per poi precipitare in uno di quei vecchissimi recipienti interamente in cemento che fino a qualche decennio fa costellavano tutte la vigne delle nostre stupende colline utilizzati dai contadini come deposito dell’acqua per dare il “verdarame”.
La sua origine nasce dal desiderio di mio nonno Becon di realizzare un pozzo per dare appunto l’acqua al vicino orto. All’incirca un secolo fa due rabdomanti indicarono la presenza di una sorgente proprio in quel punto ad una profondità calcolata di una dozzina di metri.
Purtroppo invece nel pozzo scavato dal nonno raggiunti e superati i 12 fatidici metri dell’acqua nemmeno l’ombra, 18, 20 metri, acqua niente. Stranamente i rabdomanti continuavano entrambi , consultati in giorni diversi, a garantire la presenza dell’acqua.
Il nonno io l’ho conosciuto solo tramite i discorsi e le storie sentite in famiglia e quelle dei vecchi vicini di casa, da queste testimonianze sicuramente attendibili ne esce il ritratto del tipico uomo di “frontiera” dal carattere forte e deciso, armato di una volontà ferrea pari alla sua testardaggine e di un coraggio indomito ma anche un pò incosciente. E’ facile immaginarlo nella situazione: “si dise cu iè l’eva noi la truvuma” (“se dite che c’è l’acqua noi la troveremo”)
Così mio padre raccontava che, spendendo una fortuna, aveva fatto venire un ditta per quei tempi altamente specializzata in trivellazioni che avevano realizzato un pozzo astesiano, superati i 110 metri di profondità anche la tenace caparbietà del nonno ebbe un cedimento, dal lunghissimo tubo in ferro che penetrava il terreno usciva un filo di acqua del diametro pari al diametro di una sigaretta, unità di misura coniata da mio papà e più volte utilizzata nei suoi affascinanti racconti . “Quande ca iera na masno me anniva grosa me na sigaretta” (quando ero un bambino io veniva grossa come il diametro di una sigaretta). Niente, per di più l’acqua aveva un caratteristico odore di uova marce e un sapore caratteristico, molto diverso da quello comune.
Dall’analisi risultò che l’acqua era potabile ma ad alto contenuto di zolfo, parallelamente la durezza dell’acqua era molto bassa, sui 10- 12 gradi francesi, in una zona dove generalmente raggiungeva i 33- 35 gradi.
A quei tempi non si avevano o perlomeno non erano alla portata di tutti le attuali conoscenze scientifiche Al nonno fu detto che “forse” l’acqua poteva avere proprietà terapeutiche per il sistema respiratorio, per quello renale, lo stomaco e la pelle. Per lui queste delucidazioni sono state una ben magra consolazione, cercava una sorgente robusta per irrigare l’orto, cosa se ne faceva di un filo d’acqua che magari gli avrebbe consentito di curare mali di cui, per sua fortuna, non soffriva.
Comunque al di là della sua cocente delusione, da quel momento la piccola “fontana” diventò “pellegrinaggio” costante e assiduo degli abitanti della borgata Giarone ma anche gente del paese e della campagna limitrofa veniva spesso a fare rifornimento.
Infatti quando io ero piccolo ricordo che all’ora dei pasti, vista l’esiguità della portata era una vera e propria battaglia di bottiglie, e non era raro durante il pranzo sentire mio padre che mi invitava ad andare a cambiare la “bottiglia” all’acqua marcia: “U iera la butiglia d’Arturo davante a cula ed Rosa, ades a dovese peina, vola cambiè per piasì” (“C’era la bottiglia di Arturo davanti a quella di Rosa, adesso dovrebbe essere piena, valla a cambiare per favore“)
Anche la fama delle sue presunte capacità terapeutiche e anti- invecchiamento aumentava in modo direttamente proporzionale a quello dei “fedeli” anche se mio padre e noi della famiglia per riflesso siamo sempre stati abbastanza sciettici in merito. Va detto però che pur avendo in casa dal rubinetto acqua potabile e di ottima qualità proveniente da un altro pozzo, abbiamo, ai pasti, costantemente bevuto solo acqua marcia.
Io continuo a pensare che si tratti di una “leggenda” popolare e del fatto che, a parte purtroppo qualche eccezione tutti coloro che ne hanno fatto un largo consumo abbiano effettivamente raggiunto una veneranda età senza grossi problemi una semplice combinazione oppure è vera un altra leggendaria teoria tramandata oralmente nella borgata. Ma questa è un altra storia!