Langhe- Monferrato: Langa Astigiana: Storie o leggende
Due paesi confinanti Cessole e Vesime accomunati da una leggenda molto simile: tesori nascosti
Cessole e Vesime sono due comuni confinanti fra di loro,situati nella punta estrema della langa Astigiana, quella parte che poi incontra Cortemilia e quindi
la provincia di Cuneo
Oltre ad essere ovviamente uniti dall’ immediata vicinanza, dalla storia, tradizioni e costumi sono accomunati entrambi da un leggenda (per alcuni sicura verità), per molti versi, abbastanza simile legata alla presunta presenza in due luoghi ben identificati dei due paesi di un antico tesoro
Cessole: La leggenda del tesoro del Conte Capra
Nel caso di Cessole il tesoro sarebbe stato celato in una vecchia casa signorile appartenuta all’epoca alla nobile Famiglia Capra (Fonte principale il sito stesso del paese)
Le case signorili del tempo veniva costruite con l’intento di realizzare al suo interno angoli misteriosi e difficilmente accessibili in quanto opportunamente celati alla vista di estranei e curiosi, quasi sempre protetti con pericolosi trabocchetti e trappole anche letali
Venivano utilizzati per racchiudere, conservare e proteggere tesori, segreti, fatti che si volevano nascondere agli occhi indiscreti della gente, soprattutto degli indesiderati
Tornando alla famiglia dei Conti Capra, pare che fossero riusciti partendo dal Santuario della Madonna della Neve a scavare un cunicolo lungo alcuni chilometri che arrivava sino alla regione Gere nelle immediate vicinanze del fiume Bormida
L’idea era quella di usarlo eventualmente per rifugio e via di fuga e certe volte anche per condurre i cavalli ad abbeverare, per esempio in caso di assedio o di pericolo
In base a quanto oralmente tramandato nel tempo di voci e racconti che sembrano risalire addirittura agli ultimi anni del Settecento, all’interno della galleria dei Conti Capra fosse presente un locale adibito a vera e propria officina di fusione e coniatura dove oggetti di argento e d’oro venivano trasformati in preziose monete d’oro
Della lavorazione si occupavano direttamente, in modo da mantenere segreta l’attività i pochi benestanti e signori locali
Unico a conoscere questa attività pare fosse un mezzadro del Conte Capra,che faceva di cognome Pistone e che abitava in una certa cascina “Ceio”(Sei)
Costui, durante uno dei suoi conosciuti episodi di sonnambulismo, pare che in piena notte, del tutto indisturbato, fosse partito, da casa “Ceio” e dopo aver percorso un lungo pezzo di strada da una collina all’altra sia arrivato a casa Capra che si trovava alla “cuca”(Madonna della Neve)
Ivi giunto, senza esitazione, si sarebbe inoltrato nella galleria di cui conosceva perfettamente l’ubicazione.
Pare che dopo aver percorso un tratto del cunicolo Pistone si fosse improvvisamente svegliato a causa dei forti rumori causati dalla forgiatura.
Nel medesimo istante due signori, il Conte Laiolo di Cossano ed il marchese di Molbadone, accortisi dell’intrusione e di essere stati scoperti da una spia o da un ladro, gli saltarono addosso con l’intenzione di ucciderlo.
Solo il provvidenziale intervento del Conte Capra che aveva riconosciuto il suo mezzadro salva la vita al Pistone Accantonata l’idea dell’uccisione i signori decisero di comprare il silenzio del mezzadro con la minaccia di portare a termine il sospeso omicidio se solo avesse proferito parola
La proposta immediatamente accettata fu quella di consentire al Pistone di prendere e portare via con sé quante monete sarebbe riuscito a fare entrare nella falda della camicia.
Pare che il tipo sia riuscito a “caricare”ben 3500 monete, un vero piccolo tesoro, con cui potè acquistare la casa in cui aveva da sempre lavorato come mezzadro.
Nei decenni successivi la notizia della galleria e del lavoro segreto di fonderia che ivi si svolgeva venne, come generalmente succede in questi casi, a galla ed insieme a quella della generosa ”donazione” al mezzadro diede vita alla storia o leggenda di un grande tesoro nascosto
In realtà la convinzione dell’esistenza del tesoro ebbe inizio proprio alla morte del Conte Capra avvenuta in Francia.
La notizia che in eredità testamentaria il Conte aveva lasciato ben poca cosa sia come capitale che come monili d’oro ed argento fu immediatamente associata a quella di un forziere nascosto
Della ipotesi si dimostrarono convinti persino i figli del conte che diedero l’avvio ad approfondite ricerche anche con scavi,demolizioni e modifiche
Ma del tesoro non trovarono traccia per cui nel 1834 vendettero la casa ereditata
Con il tempo si parlò sempre meno dell’intera faccenda che nei sempre più rari discorsi e ricordi acquistò l’aspetto di una favola, di una leggenda
Ma improvvisamente, quasi un secolo dopo la vendita della casa la storia tornò prepotentemente all’attenzione delle genti locali
Infatti a Torino, negli interni del Hotel San Carlo, che fu per un periodo antica proprietà dei Conti Capra fu ritrovato per combinazione da dei muratori nelle vicinanze dello scarico di un lavandino un astuccio di zinco che conteneva un antico documento
Nel testo veniva chiaramente affermato che in un altra casa situata a Cessole in reg. Colombaia sempre di proprietà dei Capra erano stati accuratamente nascosti tre vasi che avrebbero contenuto ognuno 5000 monete d’oro
Inoltre nel resto del foglio veniva specificata con una certa precisione la disposizione e la localizzazione dei vasi
I muratori che già s’ immaginavano una vita da nababbi, si trasferirono subito a Cessole per dare inizio alle ricerche, ma la loro ovvia intenzione di mantenerle del tutto segrete sfiorì presto
Le ridotte dimensioni del paese dove tutti si conoscono da sempre, dove la vita scorreva sempre uguale e quindi saltava agli occhi ogni minima novità insieme alla esigenza di collaborazione locale, di permessi ed autorizzazioni fecero sì che in breve tempo tutta la questione divenne così nota da finire addirittura sui giornali
Comunque le ricerche furono minuziose e attente, fu controllato con cura ogni angolo citato nel documento trovato a Torino ma il tesoro non venne mai alla luce.
Dopo le logiche insistenze del primo periodo le speranze dei cercatori vennero meno sino alla rinuncia completa.
Comunque l’interesse sull’argomento rimase ben vivo nella memoria della genti di Cessole.
Si continuò a discutere del tesoro e della fine che avrebbe fatto, si produssero le supposizioni più disparate, dal furto di qualcuno a sua conoscenza, al prelievo e trasferimento dei vasi ad opera degli eredi del Conte Capra o di altri signorotti locali dell’epoca che avevano partecipato alla sua realizzazione
Il tesoro del Castello di Vesime
Abbastanza analoga la storia che invece narra di un grande tesoro nascosto tra le mura dei ruderi del Castello di Vesime, tesoro per molto tempo non cercato a causa di una presunta presenza maligna che regnava su quelle mura
Questa paura ad avvicinarsi al luogo era censita dalla presenza a difesa delle mura stesse di un gigantesco, intricato e difficile da superare roveto che a detta della gente locale esisteva da tempo immemore
In epoca relativamente recente(primi anni dl 1980 alcune persone di passaggio che resero poi la notizia di dominio pubblico avevano visto che il grande roveto era stato in gran parte eliminato
La cosa singolare che attirò subito l’attenzione è che l’intricato roveto non era stato minimamente bruciato ma tagliato alla base delle radici e trasportato chissà dove, visto che non ve ne era più traccia nei dintorni.
Sicuramente la priorità dei bonificatori era stata quella di non attirare minimamente durante l’esecuzione l’attenzione delle genti locali
Gli artefici si erano poi cimentati in una impresa incredibilmente lunga e faticosa
Bisogna infatti considerare il fatto di aver usato attrezzi esclusivamente manuali come la pala, il piccone e la carriola e che, essendo praticamente il castello collassato su stesso, bisognava già solo per raggiungere il livello originario eseguire degli scassi di estrazione delle macerie superiori ai due metri di profondità
Dalla tipologia degli scassi si comprese che i cercatori sapevano molto bene cosa andavano cercando ma senza avere un idea precisa dei punti dove cercare
Vennero anche ritrovati, in diverse angoli e recessi del castello, dei biglietti scritti a mano su semplici fogli di quaderno che ne richiamavano o facevano accenno alla presenza di altri nascosti in punti di difficile accesso del castello in una sorta di bizzarra caccia al tesoro
Caratteristica comune di tutti i biglietti restava comunque quella del mistero, del senso oscuro e spesso minaccioso dei testi, con accenni ai rischi connessi a possibili pericolosi incontri legati a presenze maligne
In tempi ancora più vicini a noi in una curva della strada che conduce al castello, nelle sue immediate vicinanze, si è scoperto seminascosto dai cespugli una specie di totem
Realizzato con attrezzi tipici dell’attività agricola locale il totem appariva carico di elementi dal chiaro significato negativo ed evocativo di sventura
Storie vere quindi o leggende popolari ?
Qui da noi esiste un antico detto che recita “ quand ad sent parlè ed na cosa an si tant chi cos ed vei u iè ed sicur”(quando si sente a lungo parlare di una cosa qualcosa di vero ci deve essere”)
E’altrettanto vero che in epoche passate in queste zone di confine di storie come queste (come ad esempio quelle sulle masche) ne nascevano in continuazione
Forse era semplicemente un modo di rompere la monotonia di una vita perennemente uguale mattino e sera, di portare una ventata di fantasia in un ambiente arcaico fatto di consolidate e concrete abitudini. Forse il tentativo per il narratore di cercarsi il suo posto al sole, di acquisire rilievo fra la gente, di essere citato, cercato, ascoltato
Probabile che i due tesori siano a lungo rimasti, più che nei loro rispettivi nascondigli, nella memoria della gente locale continuamente ravvivati nelle lunghe serate di veglia nelle stalle ad attendere la nascita di un vitellino o nelle aie delle case popolari in occasione della sfogliatura e sgranatura del granoturco
Comunque in merito, ovviamente ognuno è libero di trarre le proprie convinzioni.