Langhe- Monferrato: Bubbio (AT): Bosco degli Arbrisan
Descrizione del luogo
Gli Arbrisan è un bosco, inizia sui margini della strada provinciale sulla quale si affaccia il nostro piccolo affittacamere a Bubbio, più o meno a metà strada dei quattro chilometri di salita che portano a Cassinasco da dove iniziano i 6 km di discesa per arrivare a Canelli centro spumantiero di fama internazionale grazie anche alle sue antiche e splendide cantine conosciute come “Le cattedrali sotterranee del vino”.
Una strada, soprattutto nella parte iniziale in salita, tutta curve, rivas(come cavolo si dice in italiano? Ripe?) e pendii, viti e boschi appunto, sono solito farla in bici, quando comincia la primavera e finisce finalmente il freddo.
Generalmente, giunto in cima alla salita, svolto a sinistra, per raggiungere il Santuario dei Caffi, lasciando metà dei muscoli delle gambe su un tratto di salita breve ma molto impegnativo per proseguire poi per Loazzolo, sfiorare la Chiesetta di Santa Libera e dopo un tratto di ripida discesa verso Cessole risalire fino al bivio in alto tra Carpineta di Vesime e la discesa per Cossano Belbo.
Gli Arbrisan, salendo verso Cassinasco, è sulla sinistra della strada, in faccia a destra c’è il bosco ed Leva Marsa (Letteralmente Acqua Marcia), prende il nome di quella che era, sino ad un pò di anni fa una conosciutissima, perlomeno in zona, fontana di acqua sulfurea.
Acqua dall’odore e sapore tipico appunto dello zolfo, di sicuro impatto gustativo per il neofita, infatti per apprezzarne le qualità bisogna credo abituarcisi o da piccolo o a piccole dosi. L’acqua “marcia” di Cassinasco, purtroppo, abbandonata a se stessa, è andata, temo irrimediabilmente, persa.
Noi abbiamo la fortuna di possedere, proprio nei pressi del nostro affittacamere, all’inizio dell’orto biologico a libera disposizione dei nostri ospiti, un altra fontana analoga di acqua solforosa.
In realtà, come tutta la gente locale che ne fa un uso quotidiano, proclama “L’eva marsa du Geiron as po manc paragunè a cula ed Cassinasc” (L’acqua della borgata Giarone, cioè appunto la frazione di Bubbio dove abito, non si può nemmeno paragonare a quella di Cassinasco). Nel senso che la mia, come odore e sapore, è molto meno forte di quella di cui stiamo parlando e quindi generalmente più tollerata anche da chi l’assaggia la prima volta o raramente.
Comunque “El bosch ed leva marsa“, non so neanche bene il perchè, io non l’ho mai conosciuto molto pur essendo considerato un bosco ricco di funghi, comunque sicuramente non a livello di quello degli Arbrisan considerato a buon ragione da tutti i “fungau” (cercatori di funghi) ed esperti del circondario uno dei boschi, in fatto di produzione di funghi, più validi di tutto il circondario.
Forse è per questo o più probabilmente la vicinanza a casa mia, la comodità della strada, i problemi di salute e di gambe di mia madre che non gli consentivano tragitti troppo lunghi ed impegnativi che è stato il bosco dove è iniziata e “maturata” la mia passione di “fungau”.
Per anni gli altri boschi del paese come” l’Alvauav”, La “Cafra”, “Gl’Arveia”, “Gli Scandulis“erano mete alterne e saltuarie delle mie ricerche mentre gli “Arbrisan “rappresentavano la tappa obbligata, il posto sacro. Solo il bosco del “Bansele” e “Genevrò” (L’altro versante della collina degli Arbrisan) ricevevano quasi la stessa intensità di visite ma solo per il fatto che erano spesso lungo il percorso scelto per raggiungere “la meta”.
Per funghi con la mamma
Quel mattino avevo insistito a lungo con mia madre per andare per funghi, avrò avuto circa 7- 8 anni e la paziente, testarda capacità di convinzione tipica di quell’età. A dire la verità con Rina ‘d Parascoss (mia madre), generalmente non avevo bisogno di faticare molto, mi concedeva nel limite del possibile ogni cosa ma quella volta era stato più difficile del solito.
Lei non mi ha detto niente, d’altronde lamentarsi era l’ultima delle sue abitudini, ma credo non stesse proprio bene o che i dolori alle gambe fossero più fastidiosi del solito. “Ma Gianfranco u iè nent piuvie a basta e poi la manc foie caud, u se nent’sentise di niente, ui pò nent esie noie chicos“(ma Gianfranco non è piovuto abbastanza e poi non ha fatto nemmeno caldo, non si è sentito dire niente, non può esserci nato qualcosa). Alla fine aveva ceduto.
Mio padre ci aveva portato su con la storica Vespa 125 e lasciati con un laconico commento”i trove manc na gherla“(non trovate nemmeno una cacca di lepre) agli inizi del bosco. “Speta, cur nent” “Ei siso ben ti pore nent vughie” “e poi tli soi cu zogna ca voga bele pian“(Aspetta non correre, se anche ci fossero non puoi vederli. E poi lo sai che bisogna che venga su adagio).
Quel giorno trovammo 3 chili di porcini di rara bellezza. “tuta roba da cumposta” cioè giovani sani e sodi adatti per la conservazione sott’olio o sott’aceto.
E poco importa che nei giorni successivi le famiglie tradizionalmente riconosciute come grandissimi “fungau“del paese abbiano trovato decine di chili di funghi, quella volta noi eravamo stati i primi e quel cestinetto di funghi è rimasto e rimarrà per sempre fra i nostri ricordi fantastici. Inoltre i funghi ad alcuni fanno l’effetto dei soldi, non ne hanno mai abbastanza e pur avendone raccolti a bizzeffe non sono mai del tutto soddisfatti.
Comunque io, come ho già detto nella photogallery del nostro sito, ho sempre pensato che la passione per i funghi è una questione genetica, ci deve essere un qualche cromosoma “F” che si trasmette di generazione in generazione da tempi arcaici.
Probabilmente da quando l’uomo ha iniziato la sua lotta per la sopravvivenza e che esplode in noi da piccoli a priori, senza spiegazioni, quasi magicamente fin dalla primissima volta che, con le gambe ancora malferme senti i tuoi genitori dirti”vieni, andiamo per funghi”.
Il fascino è che non chiedi “cosa sono??”, lo sai già, è come se tu stessi aspettando da sempre quel momento.
E anche dopo, per ovvia inesperienza, aver raccolto e portato a visionare alla mamma o al papà decine di funghi velenosi, quando trovi quello buono, lo riconosci subito, sembra quasi che sia lui a dirtelo. Ti precipiti, rischiando l’osso del collo a farlo vedere ai grandi, ma sai che sarà una conferma scontata, sai di essere diventato più importante, che arrivato a casa potrai dire ai vicini, “L’HO TROVATO” e riparti nella ricerca con convinzione ed energia centuplicate.
E l’incredibile è che la magia dura tutta la vita, l’emozione, il tuffo a cuore, la gioia di trovare un fungo si ripete antica e sempre nuova, sempre con la stessa intensità ogni volta, sempre.