Cognomi Italiani Particolari
Distribuzione del cognome in Italia
Ci sono circa 95 Maschera in Italia. (sito Cognomix. it).
51 in Veneto, 1 in Umbria, 27 in Piemonte, 1 in Liguria, 8 in Lombardia, 1 in Lazio, 4 in Toscana, 1 in Calabria, 1 in Marche.
Maschera: Origine e significato del Cognome
Complicata, dibattuta e confusa l’etimologia del vocabolo che ha visto il continuo susseguirsi di proposte, tesi ed interpretazioni spesso in contrasto fra di loro.
Secondo molti etimologi, il cognome ha come base il nome medievale Mascarus, che a sua volta potrebbe provenire dal nome personale germanico Mascarius o, secondo il Serra, addirittura dal nomen latino Maskarus od anche dal cognomen Masculus.
L’unica certezza, su cui tutti concordano, è il legame stretto esistente tra maschera e masca e l’indubbia connessione tra arti magiche e l’andar mascherati.
Secondo alcuni studiosi, i due termini pur derivando dalla stessa radice, si sarebbero sviluppati poi parallelamente ognuno con una storia diversa considera “maschera” una derivazione da “masca“. Dal significato originale di strega che la parola masca aveva nel latino tardo meridionale avrebbe poi acquisito quello di “fantasma, larva”, e di “aspetto camuffato per incutere paura” appunto.
L’evoluzione linguistica causò probabilmente l’aggiunta di una “r” che trasformò il termine prima in “mascra” e quindi in “mascara” da cui appunto maschera.
E’ chiaro che, al di là della maggior validità di una o dell’altra ipotesi, quello che è sicuro è il forte rapporto esistente nel passato tra il mondo della magia e dell’ aldilà con il travestimento.
Basta pensare a tutte quelle religioni di tipo sciamanico dove il camuffamento, la mascheratura esprimono il tramite della trasformazione, l’ incarnazione in uno spirito o creatura extraterrena, l’uomo si maschera non per fingersi una divinità ma per venire a contatto con essa, esserne posseduto.
Questo aspetto trascendentale trova conferma nella particolare connessione fra il termine maschera e quello di persona, dal greco “prosopon“con la variazione etrusca”phersu” .
Il significato è quello di “per il volto- adatto al volto” ed anche semplicemente di “volto“, connessione confermata anche da un altra interpretazione etimologica che vede il termine persona derivare direttamente dal verbo “per- sono” col significato di “per- suono“.
Alla base di questa costruzione la valenza di “suonare attraverso“, riferito al fatto che la voce degli attori risuonasse all’interno della mascheratura indossata nelle scene probabilmente tramite un apposito megafono.
Quindi i due termini partendo da origini etimologiche diverse si sono intrecciate ad indicare la stessa cosa e anche se si sono poi separate nel tempo sono comunque rimaste sempre semanticamente collegate.
Tornando comunque all’origine etimologica, le tesi, come già accennato sono diverse, ma hanno tutte come base il termine “masca“. Secondo il profess. Mario Alinei, glottologo di fama, il termine “masca” è una derivazione del nome etnico “Marsicus“, che al femminile diventa “Marsica“, zona dell’Abruzzo abitata dai Marsi, antichissimo e valoroso popolo famosi da sempre, più ancora che d’indomiti guerrieri, di maghi e stregoni.
L’associazione con le “maschere” è soprattutto legata all’abitudine delle loro donne, note esperte dell’occulto, di tingersi durante i loro riti ed incantesimi, il volto di nerofumo. Da qui il significato di “masca“come strega collegato strettamente a strega come “essere camuffato-mascherato” sopravvissuto nella penisola per secoli e secoli.
La voce ha nel piemontese “masca” la versione più duratura e più simbolica di questo essere soprannaturale, dotato di poteri divini, posseduto da forze arcane, frequentemente dal demonio, camuffato sotto diverse spoglie, da vecchia apparentemente innocua, da essere mezzo animale e mezzo persona, a volte più semplicemente da animale strano o apparentemente normale che poi si trasforma.
L’ipotesi di Alinei sembra quindi abbastanza fondata e sostenuta da vari esperti; altri etimologici però la mettono in discussione , sostenendo che il termine “masca” ha una radice germanica, probabilmente celtica sulla base dell’antroponimo Maskarus derivato da “mask” (nero, fuliggine).
Fondamentalmente concordi sono altri studiosi, sia quelli che vedono il termine derivato dalla radice indoeuropea “mozgo“, trasformato prima nel germanico”maskon” e poi nel longobardo “maska” che quelli che sostengono un esistenza antica delle forme alto-tedesche “masco” e “masca“.
Sempre nella stessa direzione va l’opinione che vede un intreccio od un alternanza con il termine “basca – baska“, da “baskare“, in assonanza con la forma greca baskein (malocchio), da cui abbiamo il verbo francese rabacher, antico francese rabaschier, fare fracasso (detto degli spettri), deverbale “rabast” (strepito).
Accanto a queste c’è ancora la tesi semitica che sostiene la derivazione di “masca” dall’arabo “mashara” (buffone, pagliaccio ed anche “persona derisa”) e “maschara”- ma< scharat“(buffonata, burla, derisione) formata dal verbo “sahir- sachira” (burlarsi di qualcuno) che avrebbe poi assunto il significato moderno d’istrione, burlone e successivamente di “personaggio mascherato.
Una seconda tesi “araba“, sostenuta dal prof. Joan Corominas, è quella che considera “masca” una derivazione dal verbo “masah” (trasformarsi) e a “mash” (mostro), portata in Europa dai numerosi attori, acrobati e saltimbanchi di quelle regioni.
Per finire è evidente come tutte le numerosi tesi qui presentate portano sempre alla stessa conclusione di quanto siano interdipendenti i due termini di “masca” e “maschera” entrambi uniti dallo stesso aspetto primordiale di trascendenza, irrazionalità ed evocazione del soprannaturale nei suoi tratti più inquietanti di malvagità e di morte e al contempo nel suo aspetto più goliardico, festoso e dissacrante.
Etimologia Stupidaria
Immaginatevi un personaggio che aveva acquistato fama di incallito giocatore di dadi, ma ahimè con poca fortuna, poche vincite e tante perdite, anche abbastanza ingenti in danaro. Ma diventato ancora più famoso per il terrore che nutriva, ogni volta, nel doverlo confessare alla moglie, donna, per intrinseca natura, risoluta e nerboruta e tutt’altro che sottomessa, anzi ad evidenti parti invertite.
Gli amici, con la subdola scusa di essergli di sostegno e conforto, lo accompagnavano ogni volta a casa con invece l’intenzione di assistere alla piccantesca scena della moglie che lo caricava di insulti ed improperi, non disdegnando spesso l’ausilio della scopa.
Ogni volta giunto sottocasa, con falsa solidarietà, esortavano il poveretto, la cui ingenuità era pari se non superiore alla sua malattia per il gioco. “Dai chiamala, diglielo, cosa aspetti? stai tranquillo, ci siamo noi con te”.
L’uomo, spaventato e titubante, prima di passare all’azione usciva sempre con la stessa affermazione che, pronunciata per la paura in modo penosamente scorato, mandava, già da sè, in visibiglio il gruppo di accompagnatori “ma poi sclera“.
Da qui dopo un pò di volte per l’incallita abitudine che si aveva un tempo di etichettare qualsiasi cosa con valenza spesso ironica e canzonatoria, con immediata elisione fonetica, dello scomodo “poi” il soprannome “masclera” con cui si voleva evidenziare appunto l’espressione ridicolarmente sgomenta dell’uomo.
Successivamente per cambi fonetici popolari di semplificazione divenne “maschera”.