Due amici nati e vissuti in un paesino della Langa Astigiana insieme nel periodo di naja
Ieri ho incontrato un amico qui di Bubbio, ci vediamo spesso ma generalmente ognuno preso dal proprio lavoro ed impegni per cui era già da un pò di tempo che non ci si trovava cinque minuti per una chiacchierata in tranquillità.
Dopo aver parlato, come generalmente si fa in queste occasioni, del più o del meno il discorso si è imperniato sul vorticoso cambiamento che ha caratterizzato il contesto sociale e culturale nei nostri decenni di vita.
Scontato che si finisse al rimaneggiamento un pò patetico relativo alla nostra gioventù e poi per conseguenza a come era “tut pi sensò“(tutto più sensato) il periodo in cui erano invece vissuti i nostri genitori
Così come era scontata l’affermazione tipica che erano molto più poveri ma più felici
Affermazione un pò sempliciotta e sicuramente scontata e contestabile ma che pur con tutti i suoi limiti ha un indubbia base di verità e concretezza.
Anche questa volta siamo finiti, come generalmente ci capita in quasi tutti i nostri incontri, a rivangare la grande amicizia che univa i nostri genitori legata al fatto che, essendo coetanei, avevano condiviso l’esperienza scolastica e tanti altri momenti di vita e poi ulteriormente rafforzata dall’aver condiviso anche il servizio militare per gran parte degli allora obbligatori 18 mesi.
Uno di quei racconti che un bambino non dimentica più
Così abbiamo rispolverato alcuni aneddoti e ricordi tramandataci ovviamente a voce dai nostri genitoric(tipo quello di Coco, vedi articolo),in particolare il mio amico mi ha descritto un fatto che già conoscevo in quanto narratomi un paio di volte da mio padre.
Alcuni dettagli nel racconto del mio amico erano un pò diversi da quelli che sapevo io ma il filo conduttore, l’andamento della storia, il suo senso e significato globale erano perfettamente identici ed avevano quella magica capacità di sintetizzare in fondo in pochi istanti e restituirmi vivida quel simbolo di forza, energia e simpatica esuberanza che era Tavio
Una domenica d’estate di tanti anni fa, libera uscita per i due amici di Bubbio, per pura combinazione destinati a trascorrere insieme il periodo della naja
Arruolati in una compagnia di artiglieria alpina l’episodio del racconto era successo durante un campo militare credo stanziato in Trentino Alto Adige. Non ne ricordo il nome ma era giorno di festa patronale nella città vicino alla quale avevano piazzato le tende, un pò di coraggio e una buona dose di faccia tosta avevano permesso ai due amici di ottenere mezza giornata di libertà.
Davvero grande festa mi diceva mio padre nella cittadina, bancarelle di ogni tipo, banda musicale, balli, belle ragazze e giostre, cosa può esserci di meglio per due militari costretti alla dura vita di caserma, tra l’altro mio padre amava l’atmosfera gioiosa delle giostre.
Tra i tanti intrattenimenti uno in particolare aveva attirato la sua attenzione, si trattava di una singolare competizione che consisteva nell’imprimere una spinta più violenta possibile ad un vagonetto situato su dei binari con un percorso in salita in modo da farlo sbattere contro una specie di palla con tanta energia da riuscire a scoppiarla.
Non so bene i dettagli della prova ma ricordo che a Tavio avevano spiegato che su dieci spinte a disposizione bisognava arrivare almeno a quattro “scoppi” per ottenere un premio minimo.
Mio padre, per un pò di tempo, aveva osservato il vagonetto sbattere più volte contro la palla, alcune volte anche con una discreta violenza ma senza riuscire a scoppiarla, ovviamente era realizzata in modo da garantire non solo una certa resistenza ma anche una buona elasticità
Intanto gli amici capeggiati dall’altro bubbiese continuavano ad incitarlo ad impegnarsi nella prova, arrivando persino ad indire una colletta per l’acquisto del biglietto e per convincere mio papà a partecipare. “Dai Tavio, prova tu, dai, cosa aspetti, dai prova, guarda , qui ci sono i soldi, paghiamo noi”
Alla fine mio padre che, conoscendolo credo avrebbe comunque provato, anche senza tutti quegli incentivi, afferrò la barra di spinta del carrello ed assestò con immediato successo il primo colpo, , il tempo di cambiare la palla e nuovo scoppio al secondo tentativo
Notevole fu la sua sorpresa ed iniziale preoccupazione quando al quinto colpo si sentì “bussare” sulla spalla da un signore che altri non era che il proprietario della giostra “Soldato, eih soldato, senti una cosa, guarda” gli disse, indicandogli con un cenno una lunga parete posta al suo fianco, “qui ci sono tutti i premi posti in palio per la prova, prendi quello che più ti piace, ma fammi il favore, smetti subito di sfondarmi il carrello“